Qualche mese fa abbiamo già parlato della polacca, il dolce tipico di Aversa, incontrando i protagonisti della pasticceria locale ed assaggiando (guardate che tocca fare per onore di cronaca) le classiche polacchine, la gran polacca e le nuove elaborazioni melacca, ciokkopolacca e -addirittura- pizza polacca.
La polacchina |
Ci è rimasta, però, la curiosità sul nome: perchè si chiama così? Che legame c'è tra questo buon prodotto di pasticceria e la nazione di Karol Wojtyla? Se, come ci ha raccontato il signor Mungiguerra, la storia della suora che avrebbe donato la sua ricetta è una bella leggenda, dov'è l'origine di questo dolce?
La gran polacca |
La storia parte addirittura nel 1683, in Austria.
Vienna era presa d'assedio dagli ottomani: il gran Visir Mustafa Pasha, con le sue armate, minacciava tutta l'Europa cristiana. Duecentomila turchi contro diecimila viennesi rendevano davvero improbabile la resistenza austriaca.
L'intervento di Jan III Sobiesky, re di Polonia, a capo di una grande coalizione, impedì la caduta della città ed inflisse una cocente sconfitta agli invasori.
Per celebrare la epocale vittoria, i panettieri viennesi elaborarono un dolcetto a base di burro, farina, acqua, zucchero che ricordasse la mezzaluna e che chiamarono Kipferl.
Il dolcetto si diffuse con una rapidità incredibile;
Jan Sobiesky vincitore della battaglia di Vienna |
Per celebrare la epocale vittoria, i panettieri viennesi elaborarono un dolcetto a base di burro, farina, acqua, zucchero che ricordasse la mezzaluna e che chiamarono Kipferl.
Il kipferl austriaco |
In Francia la leggenda vuole che siano stati introdotti dall'austriaca Maria Antonietta, ma in realtà se ne scrive solo dopo l'apertura della Boulangerie Viennoise a Parigi nel 1838. I francesi aggiungono una gran quantità di burro e danno vita al croissant (in francese crescente, da mezza luna crescente).
Il croissant francese |
Il Rogal Swietomarcinski di Poznan |
In Italia i fornai veneti divennero grandi maestri nella preparazione del dolce che chiamarono cornetto o polacchina.
Ed eccoci finalmente all'oggetto del nostro post; con il termine polacchina (o polacca), per tutto l'ottocento, vennero indicati prodotti da forno con base la pasta progenitrice del cornetto e rielaborati in varie forme e farciture.
Probabilmente anche la polacchina aversana è una di queste rivisitazioni ed è certamente l'unica ad avere mantenuto il nome sino ad oggi, connotando e localizzando geograficamente, un dolce diverso dal cornetto.
Le polacchine (o polacchini) che comparvero un pò in tutta Italia, sia che fossero fedeli all'originale, sia che fossero nuove ricette che si contaminassero con le tradizioni locali, man mano sono andate scomparendo, hanno preso il nome comune di cornetto o hanno addirittura cambiato nome.
E' il caso delle veneziane, denominate in alcune regioni del centro ancora polacchine.
Polacchine alla crema o brioches con crema cotta PH lechicchedichicca |
Veneziane alla crema |
In Puglia, all'inizio del secolo scorso, la polacchina era il dolce arrotolato con l'uvetta ed altri aromi che ricorda i pains aux raisins francesi.
Rimanendo dall'altra parte delle Alpi, un'altra viennoiserie da colazione, nata a Parigi ma ormai diffusa dappertutto, il pain au chocolat, è anch'esso dalla tipica forma a fagottino.
A Lucca, nelle antiche pasticcerie del centro storico, la mattina si mangiavano le polacchine, dei cornetti dalla pasta "panosa".
I polacchini alla Nutella, che ricordano i nostri panini al latte (ma sono di certo derivati dai buchtel altoatesini, normalmente ripieni di marmellata) sono stati celebrati nel libro "Le cento migliori ricette alla Nutella".
La polacca aversana, dunque, non solo è un dolce tanto buono da essere "leggendario", ma è memoria viva della storia della pasticceria europea, che merita attenzione e (certamente) ulteriori approfondimenti (=assaggi) da parte del modesto cronista.
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